San Francesco d’Assisi Confessore
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo
Pasquale e dopo la Pentecoste, Alba, 1959, p. 1138-1144.
La conformazione a Cristo.
Nella lettera ai Romani l'Apostolo san Paolo ci dà la
regola di ogni santità con le parole: "Quos praescivit et praedestinavit
conformes fieri imagines Filii sui..." (Rom 8,29). Conformarci al divino
modello, che si chiama Gesù.. È la conformità al Figlio di Dio, acquistata con
la virtù, che fa i santi.
Celebriamo oggi un Santo, che fu copia ammirabile di
Cristo Gesù, che il Sommo Pontefice Leone XIII chiama il più bello dei santi,
che Papa Pio XI ci presenta come il santo che pare aver meglio compreso il
Vangelo e conformata la vita al divino modello.
San Francesco infatti è un altro Cristo. Ha cercato
Cristo, lo ha seguito, lo ha amato, lo ha dato agli altri, Cristo Gesù è tutta
la sua vita. Non ci fermiamo sulle tradizioni graziose che vogliono che
Francesco sia nato in una stalla, come Gesù, e su un poco di paglia; noi lo
vediamo, giovane, arrestarsi improvvisamente in mezzo ai suoi sogni di piaceri
e di feste, mentre pensa ad imprese cavalleresche, perché il Cristo di S.
Damiano gli parla: "Francesco, che cosa vale di più? Servire il padrone o
il servitore?". Francesco è affascinato da queste parole, comincia una
vita nuova, apre il Vangelo e vi cerca Cristo cui consacrarsi interamente.
Amore del Vangelo.
Egli fa del Vangelo il suo nutrimento e, trovandovi una
celeste soavità, esclama: "Ecco quello che da molto tempo cercavo!".
Il Vangelo è suo sostegno, sua consolazione, rimedio a tutte le sofferenze,
nelle prove non vuole altro conforto e un giorno dirà ai suoi frati: "Sono
saturo di Vangelo, sono pieno di Vangelo". Il Vangelo diventa sua vita e
quando vuole dare ai suoi frati una regola, scrive nelle prime pagine: "La
regola e la vita dei Frati Minori è questa: osservare il santo Vangelo di
Nostro Signore Gesù Cristo".
Povertà.
Ma il Vangelo è la storia dell'abbassamento del Figlio di
Dio fino a noi e del suo amore per le nostre anime, è il Cristo povero, umile,
piccolo, compassionevole e misericordioso, il Cristo Apostolo, il Cristo che ci
ama e muore per noi. San Francesco, che lo ha scelto come regola di vita, lo
vive alla lettera. Sull’esempio di Gesù, egli abbraccia la povertà e, davanti
al Vescovo di Assisi si spoglia delle sue vesti, le restituisce al padre
dicendo: "Adesso potrò veramente dire: Padre nostro, che sei nei
cieli". E comincia la sua vita di povertà, povertà gioiosa e tutta piena
di sole, non la povertà gelosa e afflitta, che troppo spesso vediamo nel mondo,
povertà volontaria e amata. Va a tendere la sua mano delicata per le vie di
Assisi ed è respinto come se fosse un pazzo, ma resta l'amante della povertà e,
al momento della morte, è sua consolazione suprema essere stato fedele a
"Madonna Povertà".
Umiltà.
Il Vangelo è Gesù Cristo umile e piccolo: parvus Dominus,
il Grande piccolo Gesù, come lo chiama san Francesco. Egli medita questo
insegnamento e si fa "l’umile Francesco", come lo chiamo l'autore
dell'Imitazione. Si considera l'ultimo degli uomini, il più vile peccatore, e
soffrire, essere disprezzato è per lui gioia perfetta e dà ai suoi figli il
nome di Minori, cioè piccoli.
Misericordia.
Il Vangelo è Gesù Cristo compassionevole e misericordioso
e, sul suo esempio, il cuore di Francesco è tutto pieno di misericordia. San
Bonaventura, scrivendo la sua vita, ci dice: "La benignità, la bontà del
nostro Salvatore Gesù Cristo è apparsa nel suo servo Francesco". Egli
stesso, all'inizio del suo testamento, scrive: "Il Signore mi fece la
grazia di cominciare a fare penitenza, perché quando ero nel peccato mi
sembrava troppo amaro vedere dei lebbrosi, ma fui verso di loro misericordioso
e quello che mi pareva amaro diventò per me dolcezza dell'anima e del
corpo".
Francesco era misericordioso verso tutti i miseri e alla
Tribuna del Parlamento italiano gli fu resa questa testimonianza: "Se san
Francesco di Assisi non ha fondato istituzioni di carità, ha versato nel mondo
tale una corrente di carità, che dopo sette secoli, nessuna opera di carità è
stata fondata senza che egli ne sia stato ispiratore".
Apostolato.
Il Vangelo è Gesù Cristo apostolo. Egli è venuto perché
gli uomini sentissero la parola di vita e con quale amore lascia cadere dal suo
labbro le sue intenzioni divine! E Francesco, sulle orme di Cristo, si fa
apostolo, traccia nell'aria il segno della Croce e manda i suoi discepoli ai
quattro angoli del mondo. Egli ha capito bene le parole di Gesù: "Andate e
insegnate a tutte le nazioni". Primo fra tutti i fondatori di Ordini
moderni, manda i suoi figli nelle regioni infedeli e quando, dopo qualche mese,
viene a sapere che cinque di essi hanno colto, nel Marocco, la palma del
martirio, esclama con gioia: "Finalmente ho dei Vescovi!" I suoi
vescovi erano i martiri. Dopo aver fondata l'opera sua, non sogna per sé che di
offrire a Gesù la testimonianza del sangue e tre volte passa i mari, va a
predicare Cristo fino alla presenza del Sultano infedele, ma Dio gli riserva un
altro martirio per il giorno in cui gli manderà un Angelo a incidergli nelle
sue carni le piaghe del divino Crocifisso.
Il dono di sé.
Il Vangelo è Gesù, che si dona e si immola e, come Gesù,
Francesco si dona a sua volta. "Questo povero, piccolo uomo, dice san
Bonaventura, non aveva che due cosa da offrire: il suo corpo e la sua
anima". Dona a Dio il suo corpo con la penitenza e sappiamo come egli
trattasse il suo corpo. Aveva diviso l'anno in nove quaresime successive, si
contentava di pane secco e si rifiutava anche l'acqua necessaria alla sua sete,
per non cedere alla sua sensualità. Era suo letto la terra nuda, suo cuscino un
tronco di quercia e, tormentato spesso da malattie, ringraziava il Signore
perché non lo risparmiava. Chiedeva a Dio di soffrire cento volte di più, se
era sua volontà. Dava poi a Dio la sua anima con la preghiera e con lo zelo.
Ma san Francesco non è soltanto discepolo fedele di
Cristo, perché copia la vita e le virtù del Maestro, ma è soprattutto il Santo
dell'amore serafico. Egli è entrato nel Cuore di Gesù, ha compreso il Cuore di
Gesù e gli rende amore per amore.
Amore dell’Eucaristia.
Con l'amore del Vangelo, un altro amore consuma il cuore
di Francesco: l'amore dell'Eucaristia! Il mistero eucaristico era fatto apposta
per attirare la sua anima serafica! Un Dio disceso dal cielo per salvarci,
fattosi carne in forma umana e morto sul Calvario come un delinquente, si
abbassa ancora fino a prendere la forma di una piccola ostia, per unirsi a noi
e farsi nostro cibo; un Dio, che, dopo la follia della Croce, giunge alla
follia dell'Eucaristia e sta imprigionato nel tabernacolo, per attenderci e per
riceverci, è un mistero ineffabile, che desta l'ammirazione delle anime amanti.
Francesco, il grande amante del Vangelo, in cui trovava la parola vivente ed
eterna di Gesù, il grande amante della Croce, in cui vede l'amore sacrificato,
ama pure l'ostia dove è l'amore vivente, l'amore che si dona, l'amore che
attira e trasforma le anime generose e pure! Per l'ostia egli corre a riparare
i tabernacoli, per l'ostia va per le campagne a ripulire e ornare le chiese
povere e abbandonate, per l'ostia dimentica la povertà e manda i frati a
disporre sugli altari vasi d'oro e d'argento, per l'ostia si prostra lungo la
via, quando vede spuntare la guglia di un campanile e passa ore davanti al
tabernacolo, tremante per il freddo, in adorazione e in amore. Fa celebrare la Messa tutti i giorni e con fervore si comunica tutti i giorni.
In un'epoca in cui spesso il sacerdozio è avvilito,
ricorda ai sacerdoti la loro grandezza. "Il vedo in essi il Figlio di
Dio" e si mette in ginocchio davanti al sacerdote, e gli bacia le mani.
Egli, il piccolo diacono, che si giudica indegno di salire l'altare, scrive a
cardinali, a vescovi, a principi: "Vi prego, miei signori, baciando le
vostre mani, fate in modo che il Corpo di Gesù sia trattato degnamente e da
tutti debitamente rispettato". E Francesco prepara all'ostia anime
adoratrici, circonda di anime vergini il tabernacolo con le Clarisse e ciborio,
giglio, corona di spine diventano le armi di S. Damiano.
Vangelo, Croce, Eucaristia sono i grandi amori, che
formano l'anima di Francesco, il segreto della sua azione nella Chiesa. Dopo
aver cercato Gesù, dopo aver vissuto di Lui, dopo averlo amato, Francesco
poteva attendere la morte, senza averne paura,. La grande Teresa d'Avila,
mentre stava per morire esclamava: "È tempo di vederci, Gesù mio!".
Francesco, nelle stese circostanze, si mette a cantare: "Voce mea ad
Dominum clamavi, ad Dominum deprecatus sum. Chiamo il Signore con tutta la mia
voce e prego il mio Signore". "Me exspectant iusti... I giusti mi
attendono, essi vogliono essere testimoni della ricompensa che Dio mi
darà" (Sal 140,1).
Quale incontro sarà quello dell'anima di Francesco con il
Signore! Ricordiamo il quadro del Murillo, che ci presenta Cristo mentre stacca
un braccio dalla croce e attirà a sé l'umile Francesco, per stringerlo al
cuore. È questa la morte di Francesco. Con uno slancio sublime l'anima sua si
getta tra le braccia di Dio e va a godere l'amore, che non ha fine.
VITA. - Francesco
nacque ad Assisi nel 1182 e fin dalla giovinezza si mostrò caritatevole verso i
poveri. Una malattia fu l'inizio di una vita di perfezione e risolvette di dare
tutto quanto possedeva. Suo padre pretese la rinuncia all'eredità e Francesco
rinunciò volentieri, spogliandosi tosto anche degli abiti che indossava. Fondò
con alcuni compagni l'Ordine dei Frati Minori, che ebbe l'approvazione di Papa
Innocenzo III. Francesco mandò i suoi religiosi a predicare dappertutto ed egli
stesso, desideroso del martirio, partì per la Siria, ma avendo raccolto soltanto onori, tornò in Italia dove fondò presso la Chiesa di S. Damiano un Ordine di vergini, sotto la direzione di santa Chiara, e il Terz'Ordine, per dare anche
alle persone viventi nel mondo un mezzo efficace di santificazione nella
pratica delle virtù religiose. Nel 1224, mentre pregava sul monte Alvernia, gli
apparve un serafino, che impresse nel suo corpo le piaghe di Crocifisso, in segno
dell'amore che il santo nutriva per il Signore. Due anni dopo Francesco, molto
ammalato, si fece portare alla chiesa di S. Maria degli Angeli e vi morì dopo
aver esortato i suoi frati Minore ad amare la povertà, la pazienza e a
difendere la fede della Chiesa Romana. Gregorio IX, che lo aveva conosciuto
profondamente, lo iscrisse poco appresso nel catalogo del Santi.
Preghiera di san Francesco.
"Grande e magnifico Dio, mio Signore Gesù Cristo! Io
ti supplico di darmi luce, di rischiarare le tenebre dell'anima mia. Dammi fede
retta, speranza sicura, carità perfetta. Concedimi, o Signore, di conoscerti
bene, per poter in tutte le cose agire nella tua luce secondo la tua
volontà".
La Chiesa in
rovina.
Così tu pregavi spesso e a lungo davanti al Crocifisso
della vecchia chiesa di S. Damiano. E un giorno dal Crocifisso scese una voce
che solo il tuo cuore poteva percepire e diceva: "Va', Francesco,
ricostruisci la mia casa, che sta per crollare". E tu, tremante e felice
insieme, rispondesti: "Andrò con gioia, o Signore, a fare quanto mi
chiedi!".
La casa che stava per crollare era senza dubbio la
vecchia e solitaria cappella di S. Damiano, ma il Signore pensava soprattutto
alle rovine, accumulatesi nel corso degli ultimi secoli nella sua Chiesa.
L'Ordine dei Minori.
Il Papa, che lo aveva compreso, approvò l'Ordine dei
Minori, che con il suo fervore, il suo amore per la povertà, lo zelo
apostolico, non solo avrebbe riparato le rovine della Chiesa di Cristo, ma
sarebbe andato a costruire nuove cristianità nelle terre infedeli, col sangue
dei migliori suoi figli.
Dalla gloria del cielo, dove il Signore ti concede ora
così grande e gloriosa ricompensa, degnati, o san Francesco, di non dimenticare
la Chiesa per cui non hai risparmiato fatiche.
Aiuta i tuoi figli, che proseguono l'opera tua nel mondo
intero, e possano essi crescere in numero e in santità, prodigandosi sempre
nell'insegnamento con la parola e con l'esempio.
Prega per tutto lo stato religioso, che acclama in te uno
dei suoi Patriarchi illustri e tu, amico di san Domenico, mantieni tra le due
famiglie quella fraternità, che non venne mai a mancare, conserva per l'Ordine
Benedettino i sentimenti, che sono in questo giorno la tua gioia, stringendo
ancora e legami, che il dono della Porziuncola ha annodato per l'eternità con i
tuoi benefici (Porziuncola era una piccola proprietà dei Benedettini del Monte
Subasio, ceduta a san Francesco, per essere la culla del suo Ordine).