PARROCCHIA SAN BONAVENTURA

BAGNOREGIO (VT)

Nacque a Civita di Bagnoregio molto pro­babilmente nel 1217 da Giovanni Fidanza e da Maria di Ritello. All'inizio portò il nome del padre che forse era medico, in seguito gli venne aggiunto o sostituito "Bonaventura".

 

Della sua infanzia si conosce pochissimo. Lui stesso racconta che, ancora fanciul­lo, venne guarito da una pericolosa malattia per l'intercessione di san Francesco. Nella bolla di canonizzazione "Superna Coelestis Patria" del 14 aprile 1482, il Papa Sisto IV ricorda la presenza di Giovanni tra i frati del convento di san Francesco "vecchio" che si trova a metà strada tra Civita e Bagnoregio da non confondersi con san Francesco "nuovo" che si trova ad occidente. Oggi del convento di san Francesco vecchio resta solo la così detta "Grotta di S. Bonaventura", forse un angolo dove i frati andavano a cer­care la solitudine e dove forse anche il nostro Santo o da studente o in una delle sue probabili visite a Bagnoregio, ha sostato. A Civita, della casa di san Bonaventura non é rimasta che una grotta accessibile solo attraverso una scala in ferro sospesa nel precipizio. Le sue pietre, raccolte e trasporta­te nel convento di san Francesco nuovo sono servite per edificare un tempietto che ancora esiste.

 

II 14 marzo 1490, a seguito della ricognizione e della traslazione del corpo del Santo a Lione, venne estratto il braccio destro che, custodito in una preziosa teca d'argento a forma di braccio, venne portato a Bagnoregio l'anno successivo dal Ministro Generale dell'Ordine dei Francescani Francesco Sansone. Oggi il Santo Braccio è custodito in Cattedrale. Per ricordare questa Traslazione si fa festa oltre che il 15 luglio, anche il 14 marzo.

 

Non sappiamo quando Bonaventura ha lasciato Bagnoregio per studiare a Parigi, né conosciamo la parte avuta dai genitori o dai frati nella decisione, ma è facilmente intuibile l'appoggio dei francescani, ben radicati anche in Francia, ad un loro studente, anche se quando è partito forse non pensava di farsi frate. Studiò alla Sorbona di Parigi dove, nel 1243, divenne Dottore di Arti. Avendo poi scelto di seguire Francesco, prese la strada della teologia seguendo le lezioni di Alessandro d'Ales che gli ha fatto "più amare la vita del Beato Francesco".

 

Questo stimato maestro dirà di San Bonaventura: "sembra che in lui Adamo non abbia peccato". II 23 ottobre 1257, quando era già ministro generale, poté entrare come professore universitario nel corpo accademico della Sorbona. Qualche mese prima, il 2 febbraio 1257, nel convento dell'Ara Coeli a Roma, veniva eletto Ministro Generale dei Francescani anche se si trovava a Parigi. Come settimo successore di San Francesco coprirà questa carica per 17 anni. La fama, la dottrina, la mitezza, la chiarezza di idee e la sua energia avevano convinto i padri capitolari presieduti da Papa Alessandro IV ad eleggerlo. Quello era un momento assai delicato per l'Ordine Francescano e Bonaventura venne giudicato all'altezza. Infatti non si lasciò mai sviare dalla "sinistra cura" come dirà Dante, lasciandosi guidare solo dalla verità. Nonostante il gravoso incarico, continuò a predicare, ad insegnare, a far conferenze, a dirigere le anime ed a consigliare Re e Papi.

 

Nel 1273 venne creato Cardinale e vescovo di Albano e nel 1274 partecipò al Concilio di Lione divenendone anima ed oracolo. O per l'eccessiva fatica o per la cagio­nevole salute morì nella notte tra il 14 ed il 15 luglio 1274. AI suo funerale parteciparo­no tutti i padri conciliari.

 

Fu canonizzato il 14 aprile 1482 da Sisto IV. Nel 1588 Sisto V lo dichiara "Dottore Serafico".

 

Nel 1643 Bagnoregio lo proclama Patrono principale della città insieme a sant'Ildebrando e nel 1986 viene proclamato comprotettore della ristrutturata diocesi di Viterbo insieme a Santa Rosa e a Santa Lucia Filippini, mentre Patrona principale della Diocesi viene proclamata la Madonna della Quercia. Nello stesso periodo viene inte­stata a lui la parrocchia principale della città di Bagnoregio già "Parrocchia di San Nicola".

 

Le sue numerose opere illuminano la mente e riscaldano il cuore tanto che Leone XIII ebbe a dire: "dalla loro lettura siamo rapiti in estasi e condotti a Dio". Tra le opere di carattere esegetico, mistico, ascetico, filosofico, teologico ed orato­rio spicca I' "Itinerarium mentis in Deum" che, insieme ad altri scritti, sembra scritto più col cuore che con la penna.

 

Perfetto seguace di San Francesco ne assimila gli insegnamenti e li trasmette con la vita e la dottrina. Innamorato della Parola di Dio la legge e trascrive tutta più volte fino ad impararla a memoria.

 

Ma il libro preferito dal nostro Santo è il Crocifisso davanti al quale sosta in devota adorazione e meditazione per lunghe ore. Per lui la Croce è la verga che apre le acque verso la libertà e chi non ama la Croce, resta schiavo. Come Francesco, Bonaventura ama le creature nelle quali vede impressa l'orma di Dio tanto che nell'Itinerarium scri­ve: “apri gli occhi, tendi l'orecchio, disserra le tue labbra, eccita il cuore a vedere, inten­dere, lodare, amare, glorificare Dio in tutte le cose, se non vuoi che insorga contro di te tutto l'universo”.

 

Come sarebbe bello se gli uomini oggi riuscissero a scorgere Dio nelle creature e negli eventi storici sintonizzandosi con il canto degli astri, degli oceani, dei monti, delle valli, dei fiumi, degli uccelli, dei fiori e dei frutti che si leva incessante verso Dio.

Bonaventura chiede all'uomo di ogni tempo di riconoscere la presenza di Dio nelle realtà terrestri perché solo in questa visuale si possono vincere le suggestioni dell'edo­nismo, della desacralizzazione e del secolarismo.

 

Senza Dio le parole "libertà e progresso" restano puri desideri.

Bonaventura come Francesco ha capito che l'unico valore è Dio il quale ama le creature ed amandole le crea. A loro volta le creature sono riconoscenti per la vita rice­vuta e così si mette in moto uno scambio di amore che non finirà mai. Più si conosce Dio e più lo si ama. Per questo Bonaventura ha studiato Dio nelle creature, nelle scrit­ture, nel Crocifisso, nella vita di Francesco e nella sua e lo ha fatto non per amore della scienza ma per dare alla propria vita un programma: "Nolo te cognoscere, nisi ut te dìli­gam": "Ti studierò solo per amarti".

Se Bonaventura è Santo è perché ha portato a termine questo programma.